lunedì 27 giugno 2011

Yves Klein MUSEO IMMAGINARIO

Yves Klein fu senza dubbio uno dei primi artisti a giocare consapevolmente con l'idea di "museo immaginario".
Poco dopo la pubblicazione dell'opera di Malraux Klein fece stampare in spagna, dove insegnava judo,
un piccolo libro intotolato Yves Peintures. Sotto la copertina, oltre alla prefazione senza parole di Claude Pascal, dieci tavole libere, ognuno della quali regge, trattenuto da un semplice tratto di colla, un rettangolo di carta sottile, a un solo colore, in calce al quale, con grande sobrietà tipografica, è indicato il nome dell'autore,
"Yves", e sono precisati i luogo, la data e le dimensioni dell'opera: ad esempio, "tokio 1953".
Un tipo di presentazione all'ora privilegiato nei libri d'arte: tutto concorre a confermare che queste superfici unite sono proprio la produzione di quadri. Solo che non si tratta di fotografie sviluppate e stampate bensì di fogli stampati industrialmente, sicuramente ritagliati in modo artigianale da fogli di grande formato, nè si è mai
trovato alcun dipinto di Klein corrispondente alle dimensioni indicate nella raccolta. Di più: a tutto il 1954, il pittore non aveva ancora allestito nessuna mostra nei normali circuiti espositivi. Yves Peintures, con la sua vena anticipatrice, risultò anzi per Klein un ottimo test per saggiare le reazioni del pubblico. ora che il pittore si era impadronito della nozione di "museo immaginario", non gli restava che rovesciare fino in fondo l'ordine temporale contenuto e, dopo aver mostrato le "riproduzioni", dipingere gli "originali" delle "riproduzioni" stesse.

sabato 25 giugno 2011

Louise Lawer MUSEO IMMAGINARIO

Le fotografie di Louise Lawer giocano sul fatto che alcune pratiche estetiche hanno in comune il fatto di rendere impossibile la loro esposizione in galleria o in un museo, giocando sull'incontro di diversi livelli di realtà Lawler mostra nei suoi scatti opere inserite nel l'oro ambiente, nel loro contesto, in particolare
presso collezionisti. un quadro monocromo è mimetizzato da fronde verdi, una scultura di donald judd fa da frontone a una porta, i fiori delicati di una preziosa porcallena posta su un mobile dinanzi  a un pollock rivaleggiano con i suoi dripping. Ognuno può constatare che la funzione ornamentale delle opere non è scomparsa
Lawler porta all'estremo le sue collusioni quando espone all'interno di un museo fotografie di opere appartenenti a collezioni private nel momento stesso in cui gli originali vengono appesi ai loro sostegni in una scala vicina.
fotografie Lawer

venerdì 24 giugno 2011

Definizione museo immaginario MALRAUX

Il museo stesso così come lo conosciamo non è, per Malraux, che una tappa
verso l’instaurazione di quel Museo Immaginario che costituisce il suo
lascito principale alla storia dell’estetica. Se il museo infatti libera l’arte
dal proprio contesto, la riproduzione fotografica, su cui l’intuizione del
Museo Immaginario si basa, libera l’opera d’arte da se stessa. Le
innumerevoli possibilità di manipolazione, che una fotografia offre
all’oggetto che riproduce, permettono a Malraux, attraverso un uso ardito
di dettagli, ingrandimenti e accostamenti spregiudicati e impensabili, di
meglio chiarire il carattere comune che qualifica la totalità delle opere
d’arte. Con la fotografia emerge chiaramente quell’autoreferenzialità che
l’arte acquista nel momento stesso in cui viene indicata come Assoluto.
Quello che importa a Malraux, allora, non è tanto il valore specifico di
ogni singola opera, quanto la possibilità di ritrovare nell’intera
produzione artistica, di ogni tempo e luogo, la comune e trascendente
attitudine dell’uomo a mettere in questione il mondo. Esiste l’arte in
quanto Assoluto trascendente che raccoglie nel suo seno (che ingloba)
tutto ciò che è attestazione della rivolta dell’uomo contro il destino.
Movimento circolare (e tautologico) per cui l’arte nasce dall’arte e
all’arte ritorna, all’interno di una riflessione che ha necessariamente
bisogno di escludere dal proprio percorso tutto quanto è legato alla
concretezza e alla fisicità di un’opera.
Il Museo Immaginario, così, si rivela, paradossalmente e
pienamente, nell’assenza dell’opera d’arte. La riproduzione fotografica
da una parte radicalizza l’enigma posto dal museo, perché rende visibile
l’intera arte mondiale (e la storia dell’arte diviene storia di tutto quanto è
riproducibile) portandone a compimento l’emancipazione; dall’altra
rende il contatto diretto con l’opera originale un momento non
strettamente indispensabile, visto che essa si pone come il veicolo ideale
del valore costitutivo di ogni oggetto artistico.
Svincolato da ogni rapporto con la concretezza delle opere d’arte,
il Museo Immaginario diventa allora il luogo mentale, personale a
ciascuno, ma pure comune per i quattro quinti all’intera comunità degli
artisti, in cui tutte le opere, finalmente ed interamente restituite a se
stesse, possono dialogare tra loro, nel reciproco rispetto delle differenze
specifiche. Esso è il museo che ciascuno ‘porta dietro le palpebre’, il
luogo in cui le opere manifestano pienamente la loro capacità di
provocare veri e propri atti d’amore, giacché ‘sono loro a sceglierci, più
di quanto non siamo noi a scegliere loro’. Nel Museo Immaginario, il
luogo stesso della metamorfosi, la trascendenza dell’arte si manifesta
nella maniera più piena.

martedì 21 giugno 2011

Abbandono


Canon EOS 40D
F/2,8 tempo esposizione 1/400 sec.
distanza focale 50mm



Canon EOS 40D
F/2,9 tempo esposizione 1/10 sec.
distanza focale 50mm



Canon EOS 40D
F/16 tempo esposizione 1/8 sec.
distanza focale 12mm



Canon EOS 40D
F/1,8 tempo esposizione 1/200 sec.
distanza focale 50mm



Canon EOS 40D
F/4 tempo esposizione 1/13 sec.
distanza focale 12mm



Canon EOS 40D
F/5 tempo esposizione 1/50 sec.
distanza focale 20mm



Canon EOS 40D
F/8 tempo esposizione 1/800 sec.
distanza focale 50mm



Canon EOS 40D
F/4 tempo esposizione 1/2 sec.
distanza focale 60mm



Canon EOS 40D
F/2,8 tempo esposizione 1/8 sec.
distanza focale 60mm



Canon EOS 40D
F/5 tempo esposizione 1/200 sec.
distanza focale 60mm



Canon EOS 40D
F/10 tempo esposizione 1,6 sec.
distanza focale 13mm

I luoghi abbandonati.

I luoghi abbandonati non muoiono mai, si trasformano, si allontanano dalla loro funzione originale divenendo metafora, pura suggestione. Strutture architettoniche decadenti, fantasmi di macchinari che furono grandiosi, erosi dal tempo, dall’incuria, dalla polvere, offrono una visione altra. Affondando le radici nella memoria, oltrepassando la mera visione del circostante, le tracce ci vengono incontro portandoci nel mondo dell’immaginazione prima di diventare pura materia, ferro, vetro, terra, polvere, nulla. Immersi nel silenzio irreale, nella calma profonda, a passo lento ci riappropriamo delle palpabili assenze che continuano a vivere in questi luoghi sospesi nel tempo.
Le tracce, che ad ogni differente sguardo raccontano una nuova storia, da elemento residuale sono diventate le nostre emozioni tradotte in scatti.”

GABRIELE BASILICO cultura urbana




http://www.studiolacitta.it/LaCitta/Artisti/GabrieleBasilico.php
http://www.youtube.com/watch?v=-ui0jdDXb0s

lunedì 20 giugno 2011

Notte... risaie e lago


Canon EOS 40D
F/10 tempo esposizione 30 sec.
distanza focale 17mm


Canon EOS 40D
F/10 tempo esposizione 30 sec.
distanza focale 12mm


Canon EOS 40D
F/4  tempo esposizione 5sec.
distanza focale 70mm